“Non c’è motivo di continuare ad aspettare che la vita cominci. Il gioco dell’attesa può finire. Adesso. Come un leone rinchiuso in una gabbia di carta, gli esseri umani sono generalmente intrappolati dalle illusioni della loro mente. Ma nonostante le apparenze, la gabbia non rappresenta di fatto una barriera in grado di tenere imprigionato lo spirito umano” (Hayes, S. C.).
L’Acceptance and Commitment Therapy (Terapia dell’accettazione e dell’impegno) è una forma di psicoterapia che si è diffusa negli ultimi anni e che rientra all’interno delle psicoterapie cognitivo-comportamentali basate sulla mindfulness. L’acronimo “ACT” si legge come una parola la cui pronuncia rimanda al verbo inglese “to act” (agire).
L’ACT, sviluppata da Hayes e collaboratori (1999), riconosce che la sofferenza psicologica deriva dalla difficoltà nel modificare i propri comportamenti e le modalità di pensiero: obiettivo di tale modello di intervento è la modificazione profonda della relazione che abbiamo con i nostri pensieri disfunzionali e le nostre emozioni negative assumendo così una diversa prospettiva, più flessibile.
Caratteristiche dell’ACT
Alla base di tale modello vi è la considerazione che la sofferenza psicologica sia connaturata all’esperienza umana, pertanto normale. Combattere contro pensieri ed emozioni negative comporta il costo di disperdere energie in una battaglia persa in partenza, dato che il controllo che ne possiamo avere è, in realtà, alquanto marginale.
Un aspetto principale a cui dare importanza è, quindi, il non identificarsi con la propria sofferenza: la vita di ognuno comprende anche esperienze dolorose, alcune di queste inevitabili (delusioni, insuccessi, fallimenti, perdite, rifiuti, separazioni, malattie, lutti). Quindi, ognuno di noi può vivere pensieri e sentimenti dolorosi; ciò su cui si può imparare ad agire è la nostra capacità di gestirli ed affrontarli in modo da ridurne gli effetti, riuscendo a crearci una vita piena e significativa, che valga comunque la pena di essere vissuta.
L’ACT evidenzia come alla base di questa sofferenza vi sia il linguaggio (basandosi sulla più estesa teoria del linguaggio e della cognizione, RFT – Relational Frame Theory Hayes, Barnes-Holmes e Roche, 2001): i pensieri, le immagini, i giudizi, le valutazioni si strutturano come un dialogo interno, una narrazione di sé e degli altri continua, costante a cui si finisce di dare valore di realtà.
Defusione cognitiva: cambiamento di prospettiva rispetto ai propri pensieri
Ognuno di noi è influenzato profondamente dal proprio dialogo interno e non sempre è del tutto consapevole di tale condizionamento, per cui rischia di essere “fuso” cognitivamente con la propria narrazione, di identificarsi con i propri pensieri. Ad esempio, se io penso “farò sicuramente una pessima figura, mi prenderanno in giro” e ci credo letteralmente, mi relazionerò con tale pensiero come se fosse un dato di fatto, reale per cui poi mi comporterò guidato da questa convinzione per me “certa” evitando la situazione di cui ho timore, finendo poi con il confermare la mia credenza di inadeguatezza.
Diventare consapevoli di questa fusione tra sé e il linguaggio rappresenta, quindi, il primo passo per aumentare la propria flessibilità psicologica: permette di fare un passo indietro, di distanziarsi dai propri pensieri e osservare il proprio dialogo interno, ciò che ci narriamo, per quello che è, ovvero una serie di parole continuamente mutevoli che non rappresentano alcuna realtà.
Come “aggredire l’arroganza delle parole” (Hayes S. C. et al., 1999) …
Tecniche di defusione
– Una tecnica di defusione (Healy et al., 2008) consiste nel far precedere il pensiero negativo da cui distanziarsi dalla frase: “sto avendo il pensiero che …” oppure “la mia mente sta avendo il pensiero che …”. Ad esempio: trasformare la frase che ci si ripete “il lavoro è un disastro” a “sto avendo il pensiero che il lavoro è un disastro”. Tale modifica porta a ridurre il disagio emotivo connesso relativizzando il contenuto, osservandolo per quello che è, ovvero semplici parole.
– Un’altra tecnica utile da utilizzare è quella di scrivere un proprio pensiero negativo per esteso e di riscriverlo poi invertendo le parole (nel caso la frase sia corta, si invertiranno le lettere delle parole). Ad esempio: la frase, pensiero negativo su di sé “dovrei essere sempre in grado di fare le cose bene, sono un incapace” viene riscritta così “incapace un sono bene cose le fare di grado in sempre essere dovrei”. Nel rileggerla così ridefinita, l’effetto risultante è di distanziamento a livello emotivo, venendo percepite solo parole accostate.
Accettazione dell’esperienza: accogliere ciò che si vive nel presente
Più si cerca di lottare per respingere l’ansia, la tristezza o una qualsiasi emozione vissuta negativamente, più questa aumenta, amplificando così la nostra sofferenza. Il tentativo di controllo degli eventi interni non fa altro che intensificarne l’intensità.
Una modalità utile a contrastare questo evitamento è l’accettazione dell’esperienza, l’accoglimento non giudicante di ciò che si sta vivendo interiormente in quel momento, senza il continuo controllo, giudizio, entrando in contatto con il momento presente.
La pratica della mindfulness aiuta a prendere consapevolezza dell’esperienza interiore nel qui ed ora, nel momento presente, senza valutazioni o giudizi, ma con apertura e recettività, lasciando che i propri pensieri, le proprie narrazioni vadano e vengano. Nel momento in cui ciò che si sta vivendo viene osservato in modo non giudicante, anche i pensieri e le emozioni più dolorose diventano meno intense, diminuendo il loro impatto sui nostri comportamenti e sulle nostre scelte.
Valori e azione impegnata: aumentare la pienezza e il significato della propria vita
I valori rappresentano direzioni di vita, scelte desiderate, principi guida che ci orientano e motivano durante il nostro percorso di vita permettendoci di avere maggiore pienezza nella nostrra esistenza (a livello di famiglia, relazioni intime, amicizie, salute e cura di sé, lavoro, interessi, crescita personale, spiritualità). Costituiscono i nostri desideri più profondi su come vorremmo essere e su come vorremmo interagire con gli altri, con la realtà, con noi stessi.
Domande da porsi per individuare i propri valori
Cosa è importante per me? Cosa mi sta a cuore? Cosa voglio veramente? Cosa voglio che la mia vita sia per me? Che tipo di qualità voglio sviluppare come persona? Come voglio essere nelle relazioni con gli altri?
Le energie e il tempo prima impiegati a cercare di lottare contro le proprie esperienze interiori dovrebbero essere investiti in azioni concrete, in un impegno fattivo, guidato dai propri valori, per rendere più appagante e significativa la propria vita.
Bibliografia:
Barcaccia, B. (2012). Il processo di defusione nella terapia dell’accettazione e dell’impegno (ACT). Cognitivismo Clinico, volume 9, n. 2, dicembre 2012, Giovanni Fioriti Editore, Roma.
Basile, B. (2012). Valori e azione impegnata nell’ACT. Cognitivismo Clinico, volume 9, n. 2, dicembre 2012, Giovanni Fioriti Editore, Roma.
Hayes, S. C., Barnes-Holmes, D., & Roche, B. (2001). Relational Frame Theory: a post-skinnerian account of human language and cognition, Plenum Press, New York.
Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (1999). Acceptance and commitment therapy: an experimental approach to behavior change, The Guilford Press, New York.
Harris, R. (2011). La trappola della felicità: come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere, Erickson.
Healy, H. A., Barnes-Holmes, Y., Barnes-Holmes, D., Keogh, C., Luciano, C., Wilson, K. (2008). An experimental test of a cognitive defusion exercise: coping with negative and positive self-statements. Psychological Record 58, 623-640.