Sara vorrebbe cambiare lavoro, ma non sa se sia la decisione giusta: possiede un contratto a tempo indeterminato e di questi tempi è una fortuna rara; d’altra parte, è scontenta della sua routine lavorativa, reputa di non avere più nulla da imparare in quel settore e si sente demotivata e spenta. Un lavoro nuovo porterebbe nuovi stimoli, nuove conoscenze e migliorerebbe il suo curriculum vitae aumentando le possibilità di carriera, ma questa eventualità comporterebbe un periodo di prova…e se non lo superasse? Perderebbe certezze e stabilità e si sentirebbe una sciocca. Sara non riesce a decidere, continua a vagliare tutte le alternative possibili e le loro conseguenze…vede un futuro nero e si sente in un vicolo cieco! Tra ansia e tristezza, Sara si chiede continuamente: quale sarà la decisione giusta?
Gli esseri umani sono chiamati a scegliere continuamente, da scelte piccole e banali:“cosa preferisci per cena?”, a scelte più complesse come quella di Sara e a volte, a rendere ancora più complicato il processo decisionale, interviene un pensiero subdolo e disfunzionale “deve esserci una soluzione perfetta che abbia solo vantaggi e nessun costo e io devo trovarla”. Frequentemente, inseguendo questo pensiero, ci gettiamo in una ricerca affannosa quanto infruttuosa della soluzione ideale, che solitamente più che soluzioni genera nuovi problemi, insicurezze e ansie. Questo concetto disfunzionale corrisponde all’undicesima idea irrazionale elaborata da Albert Ellis: “C’è sempre una soluzione giusta, esatta e perfetta per tutti i problemi umani, ed è una catastrofe se non la si trova”.
Albert Ellis definisce come “irrazionali” tutte quelle opinioni irrealistiche che ostacolano il raggiungimento degli scopi personali, sostenendo che siano in grado di indurre emozioni spiacevoli e comportamenti inadeguati.
Tornando al dilemma di Sara, possiamo chiederci se per lei sia utile continuare ad interrogarsi continuamente su quale sia la soluzione perfetta per il suo problema, immaginando solo scenari catastrofici nei quali sia in un caso annoiata e demotivata rimanendo al suo vecchio impiego, nell’altro si senta in colpa e in ansia non riuscendo a mantenere un eventuale nuovo posto di lavoro.
A questo proposito, A. Ellis sottolinea come il nostro mondo non sia un mondo perfetto, quindi cercare la perfezione ed il controllo sugli eventi mutevoli ed imprevedibili che ci accadono avrà come unico risultato quello di generare forti stati d’ansia: sarebbe maggiormente utile accettare la realtà per quella che è senza imporci di controllarla o di risolverne tutte le problematiche.
A volte, ci impegniamo con tutte le nostre forze per risolvere i nostri problemi nel modo più giusto e ciononostante falliamo. Tale fallimento può indurci a pensare di andare incontro a conseguenze catastrofiche ed inevitabili, ma questo non è sempre vero, ciò che è vero è che insistendo col formulare pensieri catastrofici ci auto-infliggeremo ulteriore sofferenza, paura e ansia.
Inoltre, cercare di risolvere un problema nel modo più perfetto, veloce ed efficace a volte può rendere poco flessibile il nostro approccio ad esso. Sarebbe più utile cercare di risolvere le nostre difficoltà tentando di valutare diverse opzioni pratiche e percorribili, evitando di analizzare ogni possibile soluzione in tutti i suoi aspetti, perché questo atteggiamento ci impedisce di giungere velocemente ad una conclusione, bloccandoci in un processo decisionale senza fine; meglio accettare, quindi, un compromesso elaborato in un tempo ragionevole dopo avere dato il giusto peso alle considerazioni più plausibili.
Ancora, sarebbe meglio evitare decisioni impulsive e radicali perché spesso non risultano essere adeguate o fattibili, ma favorire decisioni pacate che abbiano un effetto nel medio e lungo termine. Infine, a guidarci nel compiere una scelta ritroviamo un concetto caro ad Ellis: errare è umano, quindi è facile prevedere come ognuno di noi possa sbagliare, ma questo non pregiudicherà comunque il nostro valore personale.
D’altra parte, è comune imparare per tentativi ed errori e in questo caso il fallimento non solo è prevedibile, ma parte integrante del processo di apprendimento…Un’occasione per migliorare!
In conclusione, non possiamo sostituirci a Sara nel compiere la scelta, né possiamo sapere quale sia la soluzione migliore per lei; il consiglio che potremmo darle, alla luce di quanto detto, è quello di accettare che entrambi i percorsi possano presentare costi e benefici e che non esista una scelta perfetta in assoluto, ma solo quella che farebbe sentire meglio lei in quel momento della sua vita, quella per cui sia più disponibile ad accettare il rischio di pagare un costo, accettando l’idea che possa sbagliare e per questo non sarebbe sciocca, ma soltanto umana; soprattutto, avrebbe l’occasione di imparare qualcosa di nuovo su se stessa e per se stessa.
Bibliografia:
A. Ellis (1989). Ragione ed Emozione in Psicoterapia, a cura di C. De Silvestri. Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma