Una cosa è sentire di essere sul giusto cammino,
ma un’altra è pensare che il tuo sia l’unico cammino.
(Paulo Coelho)
Anita pensa in continuazione alla sua amica Gaia. Ultimamente proprio non la capisce più. Gaia è diventata meno seria, meno studiosa, meno impegnata. Esce infatti quasi tutte le sere, e spesso la mattina all’università è stanca e sta meno attenta. Anita pensa che il comportamento dell’amica non sia giusto, perché facendo così perde tempo prezioso e forse non potrà laurearsi in tempo.
Ha provato a parlarle più volte, ma proprio non riesce a farle cambiare idea. Anita spesso la notte fa fatica a dormire, pensa all’amica e si ripete “devo assolutamente farle capire che sta sbagliando, devo riuscire a cambiarle il comportamento”. Si sente agitata, in ansia, in colpa.
Volere il meglio per le persone a cui vogliamo bene è naturale. Diverso è tuttavia sconvolgerci e vivere intense emozioni spiacevoli se queste persone si comportano diversamente da quanto noi riteniamo giusto.
La decima idea irrazionale, identificata da Albert Ellis, si inserisce proprio nell’ambito di questo esempio. Ricordiamo che le idee irrazionali sono definite tali dalla terapia razionale emotiva in quanto non consentono agli esseri umani di raggiungere i propri scopi e contribuiscono al disagio psicologico delle persone e al suo perpetuarsi nel tempo (Ellis, 1962).
Vediamo ora nel dettaglio la decima idea irrazionale.
“Se qualcuno (gli altri, tutti gli altri o tutti quelli che dico io) ha qualche problema o disturbo o sofferenza che gli fa fare (dire, pensare o sentire) qualcosa che non mi piace (che mi sembra sconveniente, irragionevole, dannoso, ingiusto) allora io mi devo tremendamente sconvolgere per questo motivo”.
Perché questa idea è definita irrazionale?
Ci sono diversi motivi per cui tale idea è definita irrazionale (Ellis, 1962).
In primo luogo, molte volte non abbiamo alcun motivo per sconvolgerci se gli altri sono diversi da noi o si comportano in modi che per noi sono sbagliati. Pensiamo ad esempio ad una donna che tradisce il marito. Il suo comportamento sarà sicuramente sbagliato e ingiusto per il marito; tuttavia la donna non è necessariamente una criminale da condannare perché noi ne disapproviamo le azioni. In realtà è addirittura possibile che lei abbia le sue ragioni per farlo.
In secondo luogo, persino quando gli altri ci fanno uno sgarbo, non è tanto lo sgarbo in sé che ci arreca un danno importante, quanto il nostro atteggiamento intollerante verso tale comportamento che riteniamo sbagliato. Pensiamo ad esempio alla situazione in cui chiediamo informazioni a qualcuno che ci risponde in maniera per noi maleducata. Potremmo in quel caso chiedere a qualcun altro per ottenere il nostro scopo. Tuttavia, quando la persona ci risponde in quel modo, verosimilmente pensiamo ”che impudente, come si permette di rispondere così?”. In quel momento, ciò che ci turba è il nostro non accettare la realtà nel nostro dialogo interiore, piuttosto che la risposta della persona in sé e per sé. Spesso inoltre pensiamo di avere un potere sul cambiamento degli altri, e anche, che il nostro turbamento possa in qualche modo far comprendere agli altri il loro errore. In realtà, l’unico vero potere (che spesso le persone sottovalutano) è quello di controllare e cambiare il proprio modo di pensare o il proprio comportamento, mentre si ha davvero poco potere di cambiare gli altri. E, anche se, sconvolgendoci terribilmente ottenessimo un cambiamento del comportamento da parte degli altri, pagheremmo l’alto costo rappresentato dal disagio emotivo personale vissuto.
Infine, concentrarsi sul comportamento altrui distoglie in realtà l’attenzione da noi stessi. Dal nostro modo di essere, di comportarci, di pensare, di vivere. Pensare in continuazione a ciò che fanno le altre persone può in realtà diventare un modo per non affrontare i propri problemi.
Ma come è possibile modificare i propri pensieri irrazionali?
Per modificare i propri pensieri irrazionali e mettere in atto un cambiamento è necessario in primo luogo divenire consapevoli del proprio flusso di pensieri, distinguendo le idee disfunzionali in quanto pensieri doverizzanti (io devo assolutamente), con carattere di insopportabilità (non è tollerabile o sopportabile), che coinvolgono un giudizio globale su di sé o sugli altri (sono uno stupido); pensieri disfunzionali o irrazionali sono anche quelli con caratteristiche di catastrofizzazione (è tremendo, sarebbe terribile che) o di bisogno assoluto e indispensabile (non posso vivere senza, bisogna assolutamente).
Durante un colloquio psicologico (ad orientamento cognitivo-comportamentale) il terapeuta favorisce la consapevolezza e l’espressione di questi pensieri, attraverso un dialogo guidato da domande specifiche. Tali domande vertono generalmente su situazioni della vita dell’individuo in cui quest’ultimo ha provato disagio emotivo, e hanno l’obiettivo di analizzare il vissuto soggettivo della persona. I pensieri disfunzionali individuati vengono così posti all’attenzione della persona, e vengono messi in discussione in modo da porre le basi per individuare pensieri alternativi più funzionali al benessere della persona stessa.
Bibliografia
Ellis, A.(1962). “Reason and emotion in psychotherapy. Lyle Stuart, New York. Tr.it. “Ragione ed emozione in psicoterapia”. Astrolabio, Roma 1989.