L’uomo non potrà scoprire nuovi oceani a meno che non abbia il coraggio di perdere di vista la spiaggia.
-André Gide-
Maddalena, 29 anni, mi chiama per fissare un appuntamento. Al telefono mi riferisce che sta già assumendo una terapia farmacologica per il suo disturbo ossessivo-compulsivo, ma lo psichiatra le ha consigliato di intraprendere anche una terapia cognitiva-comportamentale.
Al primo incontro Maddalena mi racconta che negli ultimi anni la sua vita è diventata ingestibile. In lacrime spiega che “ormai passo le mie giornate assalita da dubbi inutili e perdo un sacco di tempo a controllare tutto. Controllo se ho chiuso bene la porta di casa almeno tre volte, controllo se posso aver sbagliato qualcosa nelle pratiche al lavoro…lavoro in un’agenzia di assicurazioni, non posso pensare che i clienti ci potrebbero rimettere se sbagliassi qualcosa. Quando prendo la macchina poi è un disastro…ormai tutti i viaggi devo controllare se per caso ho investito qualcuno. E poi anche se sono a casa continuo a pensarci…insomma ripenso alla strada che ho fatto per capire se in quel punto posso non essermi accorta di aver fatto del male a qualcuno.”
Questi comportamenti le stanno facendo perdere un sacco di energie e tempo, la fanno sentire stupida, cretina…ma purtroppo non riesce a lasciar andare il dubbio “è come se ci fosse qualcuno ad obbligarmi a controllare”.
L’aspetto che però la preoccupa maggiormente in seduta è che questo suo modo di comportarsi stia mettendo in crisi sia la relazione con il suo fidanzato Stefano, sia la pazienza dei propri genitori.
Maddalena infatti racconta che, per riuscire a tranquillizzarsi, molto spesso chiede al suo fidanzato o ai genitori rassicurazioni sui dubbi che le vengono alla mente. A volte, quando l’ansia è troppo forte, chiede loro di accompagnarla a controllare o di controllare al suo posto. Nell’ultimo periodo la situazione è diventata talmente esasperata che il fidanzato ha iniziato a minacciare di lasciarla. Maddalena mi confida di non sentirsi capita da nessuno. Il suo comportamento, le sue paure vengono considerate dagli altri come bizzarre, “come se fossi totalmente pazza a pensare o a fare quello che faccio…di fatto sono io strana, quando penso di essere un peso per i miei genitori e Stefano mi impongo di non pensare più a queste cavolate…devo smetterla assolutamente!”.
Negli ultimi mesi, per evitare situazioni che potessero farle correre il rischio di provare quella forte ansia di fronte ai dubbi, ha iniziato ad evitare molte attività che prima la gratificavano. Ha smesso di andare al corso in palestra, così evita di dover fare dei chilometri in più in auto, ha rifiutato un incarico lavorativo che l’avrebbe portata a finire dopo gli altri e quindi dover chiudere da sola l’ufficio e molto altro. Il problema è che i dubbi e i controlli non sono diminuiti, anzi “se all’inizio evitare una situazione o farmi rassicurare mi aiutava perché diminuiva l’ansia, ora ho sempre bisogno di più controlli…mi sembra che questa cosa non abbia mai fine”.
Ma cosa accade a Maddalena?
A tutti noi è capitato di avere il dubbio di aver sbagliato qualcosa al lavoro, non aver chiuso la porta di casa o il gas, ecc., pensieri che ci hanno in qualche modo turbato e magari ci hanno portato a fare un controllo in più. I pensieri di Maddalena infatti sono pensieri normalissimi che tutti noi abbiamo; la differenza sta nel fatto che Maddalena è come se sentisse il dovere di prendere il dubbio molto seriamente, senza riuscire a lasciarlo andare.
Infatti un evento (ad es. il dubbio di aver investito qualcuno) viene valutato da Maddalena in termini di minaccia di colpa (1° valutazione). Per cercare di fronteggiare questo timore di colpa Maddalena mette in atto tutta una serie di comportamenti, le compulsioni (tentavi di soluzione 1). Questi tentativi di soluzione perdono in poco tempo la loro efficacia e diventano loro stessi dei trigger, elicitando preoccupazioni sulle possibili conseguenze che tali comportamenti e pensieri possono avere per sé e per i familiari (2° valutazione). Di conseguenza Maddalena mette in atto dei tentativi di soppressione delle ossessioni o di auto-convincimento della infondatezza dei suoi dubbi (tentativi di soluzione 2) (Mancini, 2016).
Maddalena non riesce ad accettare una possibile minaccia di colpa.
Come per altri disturbi la psicoterapia cognitivo comportamentale insieme alla farmacoterapia è considerata uno dei trattamenti di fondata efficacia per il disturbo ossessivo-compulsivo (Koran e Simpson, 2013). Maddalena decide di continuare la terapia: con il tempo capisce che cosa le accade in quei momenti in cui prima si percepiva bizzarra e strana, inizia a dare un senso a quello che le accade. Grazie al lavoro centrato sull’accettazione delle minacce, Maddalena riesce a ridurre le ossessioni e le compulsioni, sentendosi con il tempo sempre meglio.
Bibliografia:
Koran L.M. e Simpson H.B. (2013). Guideline watch (March 2013): Practice guideline for the treatment of patients with Obsessive-Compulsive Disorder.
Mancini, F. (2016). La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo-compulsivo. Cortina Raffaello Editore.