“I livelli di stress delle persone oggi, confrontati con quelli di vent’anni fa, sono semplicemente incredibili. Oltre alle tradizionali fonti di stress (lavoro, persone, malattie, ruoli da ricoprire, eventi del mondo), con l’era digitale abbiamo introdotto fonti di stress interamente nuove nella nostra vita: lo stress dell’information processing e della velocità a cui fa viaggiare le cose. E abbiamo reso sempre più sfumata la distinzione fra la vita lavorativa e quella domestica, fra la settimana lavorativa e il weekend, fra il giorno lavorativo e la notte. Si può quindi arrivare al punto in cui si è sempre al telefono, sempre a leggere e inviare e‐mail, il punto in cui stai sempre reagendo a qualche stimolo e tutto il tempo è dedicato al fare e non all’essere. Il punto in cui siamo sempre di corsa e diventiamo isolati, non solo rispetto agli altri, ma anche rispetto a noi stessi, alla dimensione corporea.”
(J. Kabat‐Zinn, 2005).”
Cos’è la Mindfulness?
Il concetto di mindfulness nasce all’interno della tradizione meditativa di origine buddista. Il termine, infatti, deriva dalla parola “Sati” che in lingua Pali significa “ricordare”.
Nello specifico, lo sviluppo della Sati o mindfulness porta ad una maggiore capacità di ricordarsi dei propri pensieri e dei propri comportamenti, emozioni, pensieri, ecc., e quindi ad una maggiore consapevolezza degli stessi e delle conseguenze che possono avere su di sé e sugli altri (Rainone, 2012). John Kabat-Zinn, fondatore della Terapia basata sulla mindfulness, la descrive come segue, “il processo di prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza nel presente, momento dopo momento”, (Kabat-Zinn, 1994).
Secondo questa accezione, dunque, la mindfulness è costituita da due diverse componenti: l’abilità di dirigere l’attenzione al momento presente con curiosità, apertura e accettazione.
Per questo la mindfulness viene spesso definita anche come la “modalità del non fare”, cioè di vivere tutto ciò che arriva senza fare niente per cambiarlo, mandarlo via o trattenerlo, ma lasciandolo scorrere.
Praticare mindfulness.
La pratica della mindfulness deriva da una particolare forma di meditazione, la meditazione vipassana, un’antica pratica meditativa di provenienza buddista, che possiede una notevole efficacia terapeutica per molti disturbi psicologici e fisici.
Prima di questo tipo di pratica, la meditazione era concepita solo come una forma di assorbimento in qualcosa. Fu lo stesso Buddha a introdurla, affermando che, quando siamo assorbiti in qualcosa in realtà tutte le sofferenze vanno via (ad esempio, posso non sentire la fame o il dolore) ma solo nel momento della meditazione, salvo poi ritornate quando smettiamo di meditare. Come possiamo quindi gestire la nostra sofferenza durante tutto l’arco della nostra vita e non solo nel momento in cui meditiamo?
Praticando la mindfulness, che viene concepita come una meditazione di consapevolezza e ha come obiettivo principale il riconoscimento e l’accettazione dei nostri pensieri ed emozioni, permettendoci quindi di accogliere la nostra sofferenza quando si presenta, senza sfuggire ad essa, ma osservandola per quella che è.
Gli esercizi di meditazione mindfulness si fondano, infatti, sulla consapevolezza del momento presente, una consapevolezza vigile, senza ragionamenti, giudizi o tentativi di spiegazione.
Vivere nel presente.
“CI SONO DUE MODI PER LAVARE I PIATTI: IL PRIMO E’ LAVARE I PIATTI PER AVERLI PULITI, IL SECONDO E’ LAVARE I PIATTI PER LAVARE I PIATTI”
Thich Nhat Hanh
“Il miracolo della mindfulness”
L’obiettivo principale della pratica mindfulness è l’attenzione al momento presente, senza giudicare o porre etichette alle cose, persone e pensieri che ci circondano. Grazie agli esercizi di meditazione, infatti, si diventa abili nel rimanere attenti, in maniera diretta, senza filtri, a ciò che è, nel momento in cui è, esattamente come viene percepito.
Questo ci permette di:
- non rimanere bloccati nel passato o essere preda di pensieri sul futuro e su ciò che potrebbe accadere;
- avere un valido strumento per iniziare a conoscere i propri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche ed imparare ad ascoltarle e accettarle così come arrivano alla nostra mente. Per esempio, nella pratica clinica, l’utilizzo della mindfulness permette alle persone con Disturbi d’ansia e depressivi di porre attenzione ai propri pensieri e alle proprie emozioni, esaminandole come tali, e non confondendoli con la propria realtà. Se, per esempio, ho il pensiero di essere un fallimento posso convincermi di essere un fallimento. L’errore che spesso facciamo è quello di prendere sul serio il pensiero di “essere un fallimento”, confonderlo con la realtà e dedicargli troppo spazio e troppa attenzione nell’arco della giornata (Fusione o pensiero fuso).
- infine, essere consapevoli del momento presente, ci permette di conoscere noi stessi, il nostro funzionamento, le modalità con le quali entriamo nella nostra sofferenza, come la percepiamo, la interpretiamo, la giudichiamo, ecc.
Concludendo, se faccio un passo indietro rispetto ai miei pensieri, comincerò ad osservarli come se fossero nient’altro che una serie di parole o di figure. Lascio che il pensiero sia presente, senza combatterlo o giudicarlo (Accettazione).
L’unica cosa che potrò fare è valutare quanto quel pensiero sia funzionale al raggiungimento del mio scopo e non la sua veridicità e in caso prestargli attenzione (Defusione).
ESERCIZI DI DEFUSIONE
RINGRAZIA LA TUA MENTE
Ogni volta che arriva alla mente un pensiero che mi provoca sofferenza, lo osservo senza giudicarlo, lo accetto così com’è e ringrazio la mia mente per avermi ricordato il contenuto di quel pensiero.
LO SCHERMO TELEVISIVO
Ogni volta che un’immagine che mi fa stare male arriva alla mia mente, la osservo come se fosse lo schermo di una televisione o la mia serie tv preferita.
Il pilota automatico
Vi è mai capitato di entrare in una negozio e non ricordarvi perché?
La nostra mente è spesso altrove e purtroppo deleghiamo tutto al nostro pilota automatico, soprattutto quando la nostra mente è affollata da tanti pensieri contemporaneamente. Di solito, infatti, siamo distratti quando svolgiamo quasi tutte le nostre azioni quotidiane, come mangiare, lavarsi la faccia, ecc.
In questo caso la pratica mindfulness ci permette di:
- ritornare al respiro o al corpo che respira tutte le volte che siamo persi nei nostri pensieri;
- mettere al centro dell’attenzione questo nostro perderci nei pensieri.
Ad esempio, se durante la pratica siamo infastiditi da un suono e questo suono cattura la nostra attenzione, può succedere di perdersi in questo fastidio, considerandolo come una perdita di tempo per una buona meditazione. Potremmo, ad esempio, cominciare a pensare in modo insistente al suono oppure a cosa fare per far sì che il suono smetta di infastidirci. Con la mindfulness, invece, potremmo porre attenzione proprio al fastidio che questo suono ci ha provocato, osservarne le conseguenze al livello corporeo, le emozioni che ci h suscita, ecc. senza giudicarle e lasciare che fluiscano.
ESERCIZI MINDFULNESS
Gli uccelli sono scomparsi dal cielo e ora l’ultima nuvola si dissolve. Sediamo assieme, la montagna e io, finché solo la montagna rimane.
Jon Kabat Zinn, Dovunque tu vada ci sei già, Tea, 1997
- Prestate attenzione al vostro stomaco e alle vostre spalle e cercate di percepirli.
- Immaginate che la vostra mente sia un nastro trasportatore e che i vostri pensieri e/o sentimenti scendano lungo il nastro. Collocate ognuno di essi in una scatola vicino al nastro.
- Immaginate che la vostra mente sia il cielo e che i vostri pensieri siano le nuvole. Prestate tranquillamente attenzione a ogni nuvola che vaga per il cielo o che corre via.
- zeninthecity.org/meditazione-della-montagna, (Kabat-Zinn, 1997).
Bibliografia:
Kabat-Zinn J., (2005). Vivere momento per momento. Sconfiggere lo stress, il dolore, l’ansia e la malattia con la saggezza di corpo e mente. Corbaccio, Milano
Kabat-Zinn J (1994). Wherever you go, there you are: mindfulness meditation in every day life. Hyperion, New York. Tr. it. Dovunque tu vada ci sei già. Una guida alla meditazione. Tea pratica, Milano 1997.
Rainone, A. (2012). La mindfulness, il non fare, l’accettare e il fare consapevole. Cognitivismo clinico 9, 2, 135-150.