L’uomo è l’unico animale che arrossisce, ma è l’unico ad averne bisogno.
-Mark Twain-
Alice arrossisce, vorrebbe fuggire ma non può andare via così. Inizia ad evitare lo sguardo degli altri…se potesse si coprirebbe il viso con le mani, si nasconderebbe, vorrebbe sparire, diventare trasparente…
Ma perché Alice si sente così?
Alice sta sperimentando un’emozione: la vergogna.
Quest’emozione ha lo scopo di preservare l’immagine di sé che si vorrebbe mostrare agli altri (Carnì et al., 2013). Proviamo vergogna quando abbiamo il timore che sia stato compromesso lo scopo della buona immagine agli occhi degli altri e dell’autostima (Castelfranchi, 1988), nei casi in cui ci vergogniamo da soli.
In generale quindi la vergogna è un’emozione legata a una valutazione di noi stessi negativa: abbiamo avuto comportamenti diversi dal nostro ideale che giudichiamo come insuccessi, abbiamo fallito nel rispettare certi scopi, violato alcune regole o dei modelli di condotta condivisi con una conseguente diminuzione dell’autostima e della nostra immagine personale.
Quali sono gli ingredienti che caratterizzano la vergogna?
Come è accaduto ad Alice, quando ci vergogniamo tendiamo a sfuggire lo sguardo altrui, arrossiamo, assumiamo una postura ripiegata su noi stessi, iniziamo a sudare, il nostro linguaggio può diventare confuso, ci possiamo sentire come paralizzati. Queste sensazioni sono spesso accompagnate da un desiderio di scomparire, fuggire ed evitare il contatto con l’altro, quasi come se in quei momenti l’altro ci potesse “leggere dentro”. Desideriamo nasconderci in quelle situazioni perché ci sentiamo inadeguati, pensiamo di aver mostrato agli altri l’opposto di quello che avremmo desiderato, ci sentiamo sbagliati, imperfetti, a disagio. La vergogna ha quindi la funzione di interrompere condotte che non rispettano regole (interne e/o esterne) bloccando le nostre azioni e mostrando, attraverso le caratteristiche come il rossore, la consapevolezza agli altri di aver fatto un errore ai fini di mantenere una buona immagine ed essere accettati dal gruppo.
Vergogna, imbarazzo, colpa, timidezza: quali sono le differenze?
Se ci soffermiamo sulla reazione di Alice potremmo pensare che sia semplicemente una persona timida o che si senta in colpa. L’emozione della vergogna viene infatti spesso associata semanticamente ai concetti di imbarazzo, pudore, timidezza e può essere confusa con il senso di colpa, essendo emozioni affini.
In realtà, l’essere in imbarazzo, pudici o timidi sembra essere più associato al fatto di essere oggetto di attenzione (Barciulli et al., 2010), mentre possiamo vergognarci di noi stessi anche stando soli nella nostra stanza se ci valutiamo come inferiori o inadeguati.
Quando ci sentiamo in colpa invece ci focalizziamo su un comportamento specifico negativo che abbiamo avuto, a differenza di quando ci vergogniamo in cui il giudizio negativo e l’attenzione investono totalmente la nostra immagine personale e il nostro sé globale (Lewis, 1971).
Ma perché non tutti ci vergogniamo di fronte alla stessa situazione?
Alice si sta vergognando perché ha avuto un comportamento diverso da quello che avrebbe voluto riguardo a un aspetto che lei considera importante. Ma le situazioni che reputiamo importanti possono essere diverse da persona a persona, dipendono dalla valutazione globale che diamo a noi stessi. Infatti per sperimentare vergogna è indispensabile l’autoconsapevolezza: è un’emozione che riguarda noi stessi, porta a un’autoattribuzione negativa perché reputiamo che quello stimolo sia inadeguato. Lo stesso stimolo però può non apparire come inadeguato a un’altra persona, permettendole di non sperimentare vergogna.
Secondo Lewis (1992), le situazioni che possono elicitare quest’emozione sono:
- situazioni in cui commettiamo qualcosa che reputiamo inopportuno
- la mancanza di competenza
- la violazione della nostra privacy o di quella altrui
- il fallimento nei rapporti interpersonali
- attirare l’attenzione
- vergogna empatica.
La vergogna è patologica?
No, la vergogna è un’emozione e, come tutte le emozioni, non è patologica. Anzi, ha carattere transitorio e tende con il tempo a svanire da sola.
In alcuni disturbi come la depressione, la fobia sociale, il disturbo post-traumatico da stress, i disturbi alimentari e i disturbi di personalità la vergogna potrebbe giocare un ruolo importante nel mantenimento di alcune problematiche interpersonali e/o individuali (Del Rosso et al., 2014). Per questo potrebbe essere d’aiuto lavorare sulla vergogna, attraverso un percorso di psicoterapia, al fine di riconoscere meglio quest’emozione e utilizzare strategie più funzionali per gestirla.
Bibliografia:
Barciulli E., Galassi F. (2010), La vergogna, in M. Apparigliato e S. Lissandron (a cura di), La cura delle emozioni in terapia cognitiva, Alpes, Roma.
Carnì S., Petrocchi N., Del Miglio C., Mancini F., Couyoumdjian A. (2013). Intrapsychic and interpersonal guilt: a critical review of the recent literature. Cognitive Processing, 14, 333-46.
Castelfranchi C. (1988). Che figura! Emozioni e immagine sociale. Il Mulino, Bologna.
Del Rosso A., Beber S., Bianco F., Di Gregorio D., Di Paolo M., Lauriola A.L., Morbidelli M., Salvatori C., Silvestri L., Basile B. (2014). La vergogna in psicopatologia. Cognitivismo Clinico, 11, 1, 27-61.
Lewis H.B. (1971). Shame and guilt in neurosis. Guilford Press, New York.
Lewis H.B. (1992). Shame: the exposed self. Free Press, New York.