C’era una volta un lago, e uno scolaro un po’ somaro, un po’ mago, con un piccolo apostrofo lo trasformò in un ago.
“Oh, guarda, guarda” la gente diceva “l’ago di Garda!” “Un ago importante: è segnato perfino sull’atlante”.
“Dicono che è pescoso. Il fatto è misterioso: dove staranno i pesci, nella cruna?” “E dove si specchierà la luna?” “Sulla punta si pungerà, si farà male…” “Ho letto che si naviga un battello”. “Sarà piuttosto un ditale”.
Da tante critiche punto sul vivo il mago distratto cancellò l’errore, ma lo fece con tanta furia che, per colmo d’ingiuria, si rovesciò l’inchiostro formando un lago nero e senza apostrofo.
(L’ago di Garda, Gianni Rodari)
Marta ha 10 anni e, in seguito a una brutta influenza che l’ha fatta restare a casa per più di una settimana, ha ripetuto più volte ai suoi genitori che non vuole più rientrare a scuola. L’anno scorso si era presentato lo stesso problema ed aveva concluso l’anno con il limite delle assenze concesse. La mattina quando si sveglia non si stacca dal letto e rifiuta di alzarsi, piange e si aggrappa alla mamma. Quando finalmente i genitori di Marta riescono a portarla davanti alla fermata dell’autobus della scuola, rifiuta di muoversi, protesta, lamenta mal di pancia e mal di testa. La mamma è molto impaurita all’idea di forzarla a frequentare la scuola, così spesso decide di riportarla a casa. Marta attribuisce questa difficoltà all’insegnante di italiano che le chiede di scrivere molto e le propone esercizi difficili di grammatica che fatica a svolgere. Ha riferito alla mamma di sentirsi a disagio quando è con i suoi compagni, di non avere alcuna amica e di odiare la scuola.
Quando si parla di rifiuto scolare si fa riferimento ad una difficoltà a mantenere un funzionamento adeguato all’età rispetto alla frequenza scolastica o al far fronte, in modo adeguato, allo stress derivante dalle richieste scolastiche; spesso è caratterizzato da grande sofferenza emotiva. Il livello di paura è così elevato da compromettere la frequenza quotidiana alle attività scolastiche. Il rifiuto scolare non va confuso con l’assenza ingiustificata da scuola, in tal caso si tratterebbe di un comportamento messo in atto dal bimbo/ragazzo in assenza di ansia o paura eccessiva di frequentare la scuola. Se un po’ di inquietudine e preoccupazione all’idea di andare a scuola è normale nei bambini, la prolungata paura e soprattutto un prolungato evitamento dell’ambiente scolastico può avere conseguenze importanti sia sul breve che sul lungo periodo. A breve termine il fatto che il bambino non svolga in modo completo le attività previste per la sua classe può creare una storia di criticità nel rendimento scolastico; il fatto di ridurre i contatti con i compagni può non favorire uno sviluppo adeguato delle sue competenze sociali; vi è inoltre il rischio che aumenti il livello di stress e tensione tra i membri della famiglia. A lungo termine la difficoltà ad andare a scuola può portare ad uno stato di ansia significativo.
La maggior parte dei bambini che frequentano la scuola primaria non è in grado di dare una spiegazione dei loro sintomi ansiosi e di solito si descrivono come nervosi, dicono di avere mal di testa o semplicemente dicono di non voler andare a scuola. Il tragitto verso la scuola è difficoltoso, il bambino non solo rallenta per allontanare il più possibile il momento di entrare in classe, ma spesso piange e si dispera tra scuola e casa.
Spesso i bambini più piccoli hanno un marcato malumore mattutino, quelli un po’ più grandi tendono a rallentare in modo esasperante le procedure del risveglio. Lo stato di angoscia tende ad aumentare se si forza il bambino ad andare a scuola. Se la scuola deve essere raggiunta con un mezzo pubblico, spesso viene perduto e il bambino deve essere accompagnato a scuola da un adulto.
Alcuni sintomi somatici che il bambino può manifestare possono essere: mal di testa, palpitazioni, dolori addominali, nausea, vomito, diarrea; altri più emotivi e comportamentali riguardano il pianto, le fughe, l’agitazione motoria, le difficoltà nell’addormentamento con ripetuti risvegli notturni e ansia elevata.
Le difficoltà possono riguardare varie categorie: ci sono bambini che rifiutano la scuola per evitare situazioni che provocano in loro emozioni negative, altri per fuggire da situazioni sociali o valutative, altri per ottenere l’attenzione e la vicinanza dalle figure significative ed infine altri ancora fanno assenze intenzionali per ottenere rinforzi positivi tangibili fuori dalla scuola (a stare a casa si hanno tanti vantaggi: si gioca, si dorme un po’ di più, si è più liberi, non si è obbligati a fare quello che la maestra chiede, ecc.). Esempi comuni di oggetti collegati alla frequenza scolastica che il bambino può voler evitare riguardano per esempio la palestra, l’autobus, il cortile; altre situazioni sociali o valutative che di solito i bambini evitano sono quelle legate ad interazioni con insegnanti o con i coetanei oppure recite, verifiche, prestazioni atletiche, ecc. Risulta fondamentale per prima cosa individuare la funzione che il comportamento di rifiuto ha per quello specifico bambino.
I sintomi si presentano di solito in modo graduale, si possono verificare dopo un periodo di vacanza o una malattia e possono essere preceduti da un evento stressante avvenuto sia a casa sia a scuola. Alcuni fattori scatenanti possono riguardare il cambio di casa o di scuola, la malattia o la separazione da un familiare, il lutto per una persona significativa, la difficoltà nel gruppo dei pari.
Alcuni bambini non frequentano la scuola per lunghi periodi tempo, altri la frequentano ma poi la vogliono lasciare durante il giorno o saltano alcune lezioni o arrivano tardi, altri ancora vanno a scuola solo dopo aver messo in atto nel corso della mattinata intensi comportamenti quali rifiuto di muoversi, pianti, lentezza per indurre i genitori a lasciarli a casa.
Risulta importante, a seconda della specifica difficoltà del bambino, aiutarlo a ridurre i sintomi fisici sgradevoli affrontando gradualmente l’inserimento a scuola, a riconoscere pensieri disfunzionali ed esporsi alle situazioni che gli provocano ansia nonché costruire competenze sociali che possano sollecitare feedback positivi. La complessità del problema richiede anche la presa di contatto con il personale scolastico, il pediatra e con tutte le persone che ruotano attorno al bambino sia per avere informazioni aggiuntive sia in fase di trattamento.
Bibliografia
Christopher A. K., Anne Marie A. (2010). Quando i bambini rifiutano la scuola. Una guida alla terapia cognitivo-comportamentale. Franco Angeli