Nonostante le emozioni rappresentino un vissuto quotidiano per ogni persona, spesso non conosciamo abbastanza quello che esperiamo in modo così intimo e frequente. Tutti ci emozioniamo, tutti abbiamo provato emozioni sin da quando eravamo molto piccoli, a volte può capitare di non riconoscere quello che stiamo vivendo, e questa non è una cosa strana in quanto le emozioni rappresentano qualcosa di complesso e, allo stesso tempo, molto affascinante. Per questo motivo in molti hanno cercato di indagarle, conoscerle e definirle. Accennando ad un breve excursus storico si può affermare che lo studio con metodi scientifici delle emozioni è abbastanza recente, anche se filosofi, pensatori e studiosi si sono sempre interessati alle emozioni. Aristotele nel De Anima e nell’Etica Nicomachea intende le emozioni come il cardine della rappresentazione della vita morale degli individui ed esprime concezioni assai moderne su questo costrutto, che si ritrovano poi nell’idea di funzionalità delle emozioni della Psicologia Cognitiva (Power e Dalgeish, 1997). In epoca diverse tra i numerosi autori che si sono dedicati all’analisi delle emozioni, importanti contributi derivano da Charles Darwin (1809-1882), Sigmud Freud (1856-1939) e Richard Lazarus (1922-2003).
Nel suo libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” , Charles Darwin, inquadra lo studio delle emozioni all’interno della teoria evoluzionistica dimostrando una continuità tra le espressioni emozionali nel mondo animale e l’uomo, e avviando un metodo di studio innovativo basato sull’osservazione oggettiva del comportamento. Darwin sottolinea, quindi, la continuità e la somiglianza delle espressioni emotive umane con quelle osservabili negli animali, arrivando a definire le emozioni come risposte adattive innate uguali in tutte le culture e indipendenti dall’apprendimento. Questo viene testimoniato dall’osservazione dei bambini non-vedenti dalla nascita, nonostante non siano in grado di imitare le espressioni emotive esplorate nei rapporti interpersonali, mostrano un’espressività facciale del tutto simile a quella dei bambini normo-vedenti. Così definite le emozioni acquisiscono un ruolo fondamentale nell’adattamento della specie all’ambiente, con funzione comunicativa e di preparazione all’azione, utili per la sopravvivenza.
Ispirandosi a Darwin, Ekman (1992) sviluppa una concezione delle emozioni denominata “Teoria delle emozioni fondamentali”, secondo la quale esisterebbe un numero ristretto e definito di emozioni, ben distinti le une dalle altre. Le emozioni vengono descritte come stati discreti, universali ed innati, l’autore ne riconosce sei: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e sorpresa. La Teoria di Ekmann, per molto aspetti si è dimostrata nel tempo molto rigida e vulnerabile, senza impedirle però di diventare la teoria di riferimento per lo studio delle espressioni facciali legate alle emozioni.
All’inizio del secolo Freud concettualizzò invece le emozioni all’interno di un contesto terapeutico di cura, ponendo gli affetti al centro della sua teoria psicanalitica e descrivendoli come la condizione elicitante all’origine del sintomo che ha la funzione di proteggere la persona dalla sofferenza emotiva, sottolineando l’importanza delle emozioni, dei processi inconsci, dei meccanismi di difesa ed enfatizzando la natura conflittuale della dinamica psichica. In sintesi, la psicoanalisi vede le emozioni come fenomeni di lunga durata, con un’origine interna all’individuo, anche se in un contesto interpersonale, come elaborazione di relazioni affettive in cui i processi inconsci dominano e l’ambivalenza è intrinseca. Al contrario, le teorie evoluzionistiche delle emozioni prima citate le descrivono come fenomeni di breve durata legati a situazioni ambientali transitorie.
Infine, Richard Lazarus ritiene che la cognizione abbia un ruolo essenziale nella generazione delle emozioni. In modo generale e aspecifico, si può affermare che tutte le concezioni che sostengono questa tesi appartengono alle “teorie cognitive sulle emozioni”. Tale scuola di pensiero si sviluppa agli inizi degli anni Ottanta quando Zajonk (1980) sostiene la priorità dello stimolo nell’innescare l’emozione e, Lazarus (1982), al contrario, afferma la supremazia della cognizione in quanto la reazione emotiva rappresenta la conseguenza di una, sia pur minima, elaborazione dell’importanza e della valenza di una determinata condizione, e non seguirebbe la semplice registrazione sensoriale associata alla percezione di uno stimolo. Di conseguenza, le teorie cognitive non considerano le emozioni come universali ed innate. In altre parole, se l’emozione dipende dalla valutazione, dal pensiero di un determinato individuo in un determinato momento, essendo gli esseri umani tutti diversi e con diverse capacità e informazioni sulla base delle quali formulare le proprie valutazione, non ha senso credere che le emozioni siano uguali per tutti. Quindi ogni emozione è strettamente legata allo stato mentale al quale è associata, che ne determina l’intensione e la valenza. Con intensionalità dell’emozione ci si riferisce al fatto che l’emozione è rivolta verso un oggetto, il “motivo” dell’emozione, e un destinatario, qualcuno verso il quale è rivolta. La valenza delle emozioni, invece, tende ad essere generalmente descritta come positiva o negativa, anche se questo termine risulta particolarmente ambiguo. Positiva o negativa per chi? Rispetto a che cosa? Forse perché l’emozione è soggettivamente piacevole o spiacevole? O ancora perché lodate e incoraggiate vs criticate e scoraggiate in base a norme culturali e morali? Secondo la Psicologia Cognitiva le emozioni sono positive/piacevoli quando ci permettono di raggiungere uno scopo per noi importante e negative/spiacevoli, per contro, se ne determinano la compromissione. Oltre a queste importanti dimensioni, le emozioni presentano anche delle parti costituenti, che sono credenze e scopi, attivazione somatica e propriocezione dell’emozione stessa, la tendenza all’azione ad essa associata (Izard, 1977; Plutchik, 1980; Scherer e Ekman, 1984). Le emozioni possono essere quindi considerate un complesso stato d’animo, fisico e mentale.
BIBLIOGRAFIA:
EKMAN P. (1992), “An argument for basic emotions”, Cognition and Emotion, 6, 169-200.
IZARD C. E. (1997), Human Emotion, Plenum Press, New York.
LAZARUS R. S. (1982), “Thoughts on the relationship between emotion and cognition”, American psychologist, 37, 1019-1024.
POWER M.; DALGLEISH T. (1997), Cognition and emotion: From order to disorder, Psychology Press, Hove.
PLUTCHIK R. (1980), A General Psychoevolutionary Theory of Emotion, in Plutchik e Kellerman.
SHERER K. R. e EKMAN P. (1984), (a cura di), Approaches to Emotion, Erlbaum, Hillsdale.
ZAJONK R. (1980), “Feeling and thinking: Preferences need to inferences”, American psychologist, 35, 151-175.