“Non vorrei mai offendere nessuno ma sono così stupidamente timido che spesso sembro freddo e indifferente, quando invece sono solo trattenuto dalla mia naturale goffaggine”.
Jane Austen, Ragione e sentimento.
Il primo incontro con Sofia avviene ad Agosto. Il caldo è torrido, l’afa può tagliarsi con un coltello. Sofia entra molto accaldata, le sorrido. Lei immediatamente abbassa lo sguardo.
Le chiedo che cosa l’abbia portata a rivolgersi ad uno psicoterapeuta e lei, timidamente, mi racconta il suo problema.
“Non riesco a parlare con la gente, mi sento sempre agitata, le parole non mi escono dalla bocca. Sento come un macigno sullo stomaco che mi blocca. Anche ora, anche adesso. Ho tanti pensieri, vorrei dirle tante cose, ma non ci riesco, non ne sono capace”.
A poco a poco, invece, guidata da alcune mie domande, mi spiega accuratamente il problema.
Capisco che Sofia in realtà avrebbe molte cose da dire alle persone, ma è bloccata dalla paura. Teme che quello che vorrebbe dire sia giudicato dagli altri come una cosa stupida, che la battuta che vorrebbe fare non sia divertente, che l’opinione che vorrebbe esprimere non sia all’altezza. Sofia ha molta paura di essere giudicata male da tutti.
Contemporaneamente, si sente goffa e prova spesso vergogna e imbarazzo quando si muove tra la gente, anche se ormai, purtroppo questo avviene raramente. Mi racconta infatti che con il tempo ha cominciato ad evitare molte diverse situazioni sociali: una pizza con gli amici o una festa, una gita in campagna o un aperitivo. All’inizio ci provava con tutta se stessa; nelle ore precedenti l’evento sociale sentiva un’intensa ansia accompagnata da pensieri e immagini mentali che le rappresentavano tutto quello che sarebbe potuto accadere (di spiacevole, di vergognoso). Questa ansia anticipatoria aumentava sempre più; la stessa ansia ora non le permette di vivere una vita relazionale come lei vorrebbe.
Le chiedo di raccontarmi degli episodi specifici.
Mi riferisce che una volta si è recata in università ma la lezione era già cominciata. Ha aperto la porta dell’aula, ha visto la sala zeppa di persone e si è bloccata. Il cuore ha cominciato a battere forte, ha iniziato a sentire le gambe tremare, il sudore sulla fronte. In quel momento, ha avuto la certezza che tutti la stessero guardando e pensando quanto fosse ridicola a manifestare quei sintomi. L’impulso è stato scappare. Da quel giorno si reca a lezione sempre rigorosamente in anticipo, e se questo non è possibile, evita la lezione. In realtà, Sofia salta anche alcuni laboratori in cui sa che dovrebbe parlare ed esprimere una propria opinione di fronte agli altri, e, sempre più spesso, non riesce a sostenere gli esami orali. Sofia mi riferisce ancora che ha smesso di andare in mensa, per la paura che gli altri vedano il suo imbarazzo, la sua goffaggine. Cerca di non mangiare di fronte a persone che non conosce bene, per evitare che esse si accorgano della sua ansia, ad esempio, di come a volte la mano le trema nel portare la forchetta alla bocca.
Quando si trova in una conversazione con qualcuno e per qualche minuto c’è una pausa, un silenzio tra loro, lei comincia a pensare:“di qualcosa, trova qualcosa di brillante da dire…”; se questo non avviene, insorge in lei l’idea che l’altra persona la stia giudicando vuota, inutile, oppure che lei stia facendo una terribile figuraccia.
Nei momenti sociali, le capita di avere la sensazione di osservarsi da fuori, di sentirsi parlare; in quei momenti puntualmente nasce in lei la convinzione che il suo interlocutore la ritenga poco simpatica, molto noiosa, poco divertente. I sintomi dell’ansia in quegli istanti aumentano: sempre più tachicardia, sempre più rossore, sempre più sudore…sintomi secondo Sofia sempre più visibili agli occhi degli altri. Questo le fa provare intensa vergogna, vorrebbe farsi piccolissima e scappare… le parole iniziano a diminuire sempre più fino al completo mutismo.
Quando è da sola, in stanza, Sofia piange molto. Si sente sbagliata, diversa da tutte le ragazze della sua età. Le vede spigliate e tranquille alle feste, ironiche e bellissime. E poi si osserva, e si vede in difficoltà nell’instuaurare una semplice conversazione con chiunque. Per questa ragione ha deciso di farsi aiutare. Vorrebbe capire che cosa non va in lei, vorrebbe capire come fare a stare meno male.
Il disturbo emotivo che sta limitando la vita a Sofia si chiama ansia sociale. Durante i nostri colloqui le spiego che ci sono diversi timori che le persone possono provare. Chi ad esempio soffre di una fobia specifica, teme ed evita con tutte le sue forze la fonte di questa paura, potrebbe ad esempio essere un animale (come un ragno, o un’ape). Nella’ansia sociale, invece, l’individuo teme ed evita relazioni interpersonali, teme fortemente un possibile giudizio negativo da parte degli altri, teme di fare una brutta figura.
Come per altri disturbi d’ansia la psicoterapia, in particolare quella cognitivo comportamentale, è considerata essere uno dei trattamenti di comprovata efficacia. Sofia decide di proseguire il percorso psicoterapeutico, e a poco a poco, comincia a sentirsi meno strana, meno diversa. Ha un problema che ha un nome e un cognome, e, per fortuna, una possibilità per risolverlo.
BIBLIOGRAFIA:
Andrews, G., Crino, R., Hunt, C., Lampe, L., & Page, A. (2003). The treatment of anxiety disorders. clinician’s guide and patient manuals (2nd edition). Cambridge, UK:Cambridge University Press. Trad. it. Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo. Torino: Centro Scientifico Editore, 2003.