Se c’è soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?
– Aristotele –
Il termine stress deriva dal latino “strictus” (“stretto”, “compresso”); nel corso del tempo diverse correnti teoriche hanno cercato di definire ed approfondire tale tematica. Inizialmente, secondo il modello dell’ambiente sociale (French e Kahn, 1962) lo stress è stato descritto considerando unicamente la variabile ambientale. Fu Selye (1976) che per primo sottolineò l’importanza dei fattori interni all’individuo e, quindi, della variabile individuale. Col tempo, si sono strutturati modelli interazionisti e transazionali che hanno evidenziato la sinergia delle due variabili, ambientale ed individuale (Lazarus, 1966, 1999).
Che cosa si intende per “stress”
Selye, attraverso le sue ricerche, definisce lo stress come un fenomeno psicofisiologico, una “reazione aspecifica (generalizzata) dell’organismo ad ogni richiesta/esigenza effettuata su di esso (minaccia esterna”). In particolare, tali richieste, in termini di situazioni critiche, costituiscono degli “stressor” (agenti stressanti). Quindi, lo stress funzionerebbe come un segnale di allarme che agisce nel momento in cui un evento (interno od esterno) turba il nostro equilibrio psico-fisico in quanto “normale processo psico-fisiologico finalizzato all’adattamento con l’ambiente” (1976).
Selye, nel definire lo stress dal punto di vista fisiologico, nel suo modello parla di “Sindrome Generale di Adattamento” (G.A.S.) ovvero di una serie di reazioni fisiologiche che l’organismo usa per difendersi da minacce esterne che si articolano in tre fasi successive.
1 fase di allarme: l’agente stressante inizia a far sentire la sua azione sull’organismo il quale mette in atto le risorse per farvi fronte, prevenendo i possibili danni;
2 fase di resistenza: l’organismo si adatta al nuovo tenore di richieste stabilizzandosi a questo livello;
3 fase di esaurimento: la resistenza all’agente stressante non può perdurare nel tempo per cui se l’azione dello stressor continua, le risorse a disposizione dell’organismo, limitate, si esauriscono, calano le difese e compaiono sintomi fisici, fisiologici ed emotivi.
Gli stressor, per provocare stress, non devono essere necessariamente piacevoli o spiacevoli, per chi li vive, ciò che conta è “l’intensità del bisogno di adattamento”. Ciò vale anche rispetto all’intensità degli stressor: sia che ci sia “sub-stimolazione” (privazione di stressor), sia che ci sia “sovra-stimolazione” (eccesso di stressor), si va a definire un certo livello di stress fisiologico ed il relativo bisogno di adattamento.
Lazarus (1966, 1999) evidenzia l’importanza dell’interazione tra processi cognitivi, emotivi ed ambientali: lo stress rappresenta, quindi, un fenomeno derivante dall’interazione dinamica tra la persona e l’ambiente. La persona interagisce con l’ambiente in modo attivo, cercando di trovare nuove modalità di adattamento. Il processo di stress è direttamente influenzato dalla capacità di “interpretazione valutativa” dell’individuo il quale valuta gli eventi con cui entra in contatto riuscendo a capire in che grado potrebbero essere minacciosi, sgradevoli oppure percependoli come una sfida da affrontare. La valutazione avviene a due livelli: valutazione primaria, in cui la persona percepisce l’evento come una possibile minaccia e ne valuta l’eventuale danno; valutazione secondaria, in cui la persona valuta le risorse di cui dispone per difendersi o affrontare l’evento e l’eventuale danno, individuando le strategie di coping per gestire la situazione.
Se si considerano i contesti lavorativi, ad esempio, si evidenzia che non è l’evento in sé o l’insieme di eventi a generare stress ma l’interazione tra le variabili “domanda/richiesta” dall’ambiente-contesto e “controllo/gestione” individuale. Per domanda si intende la percezione soggettiva della richiesta, del suo carico, complessità e aspettative rispetto ad essa; per controllo si intendono le capacità individuali percepite dalla persona di farvi fronte, il potere e l’autonomia decisionale per affrontarle. Lo stress, secondo questa definizione, rappresenta, quindi, un disequilibrio tra le richieste dell’ambiente e le capacità personali di farvi fronte (Karasek, 1979). L’intensità con cui lo stress agisce non è uguale in tutti gli individui in quanto dipende dalla valutazione ed interpretazione che viene data all’evento per cui ogni persona può reagire in maniera diversa davanti allo stesso stressor in base al sistema di significati ad esso attribuito.
La persona incontra eventi o caratteristiche di eventi percepiti come significativi per il proprio benessere ed eccedenti le proprie capacità di farvi fronte. Si genera, quindi, uno stato di tensione fisiologica, psicologica e comportamentale che, nel lungo termine, può comportare conseguenze dannose a livello di salute dell’individuo (Cooper e Payne, 1991).
Rispetto alla durata dell’evento stressante si può parlare di stress acuto, nel momento in cui si presenta una sola volta e in un lasso di tempo limitato e di stress cronico, quando si protrae nel tempo. Lo stress cronico può essere di tipo “intermittente”, ovvero verificarsi ad intervalli regolari, con durata limitata risultando in qualche modo prevedibile oppure cronico “propriamente detto”, in cui l’esposizione alla situazione è di lunga durata investendo l’esistenza di una persona ed ostacolando in modo costante il perseguimento dei propri obiettivi.
Oltre alla durata, è importante anche la natura dello stress che può essere di tipo positivo, “eustress” o negativo, “distress”. L’eustress rappresenta un livello ideale di stimolazione a cui l’individuo riesce ad adattarsi e a farvi fronte, solitamente di breve durata; il distress si ha quando l’organismo, a seguito di una stimolazione troppo alta o insufficiente rimane attivo anche in assenza di condizioni che producono stress.
Gli eventi che possono essere vissuti come stressanti possono essere rappresentati da: accadimenti della vita sia piacevoli che spiacevoli (ad es. conseguimento del diploma/laurea, inizio di un nuovo lavoro, matrimonio, nascita di un figlio, morte di una persona cara, separazione/divorzio, pensionamento, trasferimento, …); cause fisiche (ad es. esposizione a freddo o caldo intenso, consumo eccessivo di fumo o di alcol, limitazioni nei propri movimenti); fattori ambientali (abitazione precaria, ambiente rumoroso o inquinato, …); malattie organiche (sia nella fase di diagnosi sia nella fase di trattamento); cataclismi (improvvisi sconvolgimenti dovuti a cause naturali, sconvolgimenti a livello politico o sociale, …).
Lo stress e i suoi sintomi
I sintomi che possiamo percepire nel momento in cui viviamo una situazione stressante sono molteplici; i più frequenti si possono ricondurre a quattro aree (a titolo esemplificativo, dato che esiste una forte variabilità individuale):
– sintomi a livello fisico: ad es. mal di testa, mal di schiena, difficoltà di digestione, dolore allo stomaco, tensione muscolare (a livello cervicale, delle spalle, lombare, …), tachicardia, sudorazione delle mani, agitazione, disturbi del sonno, stanchezza, mancanza di energia, capogiri, perdita di appetito, problemi sessuali, percezione di suoni fastidiosi, …;
– sintomi a livello comportamentale: ad es. alimentazione compulsiva o ridotta, aumento del consumo di alcolici, fumare maggiormente, modalità relazionale più critica verso gli altri, difficoltà a portare a termine i compiti, piangere frequentemente, isolarsi, …;
– sintomi a livello emotivo: ad es. rabbia, nervosismo, ansia, tristezza, senso di infelicità, senso di impotenza, senso di colpa, …;
– sintomi a livello cognitivo: ad es. difficoltà a pensare in maniera chiara, difficoltà al livello di presa di decisione, frequente distrazione, difficoltà di concentrazione, difficoltà di memoria, mancanza di creatività, perdita di motivazione, autocritica, …
Le persone hanno un ruolo attivo nella percezione e gestione degli eventi stressanti: il modo in cui esse valutano tali eventi e analizzano cognitivamente le proprie capacità/risorse di gestione influenza gli effetti soggettivi dello stress sia nell’immediato sia a lungo termine.
Bibliografia:
Cooper, C. L., Payne, R. (Eds.). (1991). Personality and stress: individual differences in the stress process. Chichester: John Wiley.
French, J. R. P. JR, Kahn, R.L. (1962). A programmatic approach to studying the industrial environment and mental health. Journal of Social Issues, 18, 1-47.
Karasek, R. (1979). Job demands, job decision latitude and mental strain: implications for job redesign. Administrative Science Quarterly, 24, 285-306.
Lazarus, R. S. (1966). Psychological stress and the coping process. New York: MacGraw Hill.
Lazarus, R. S. (1999). Stress and emotion: a new synthesis. New York: Springer.
Selye, H. (1976). Stress in health and disease. Butterworth’s, reading, Massachusetts.