“La paura del pericolo è diecimila volte più agghiacciante del pericolo stesso: il peso dell’ansia ci pare più greve del male temuto”.
Daniel Defoe
Davide al nostro primo incontro mi racconta del suo malessere che si sta protraendo da diverso tempo, i cui sintomi pensa possano rappresentare degli attacchi di panico. E’ molto preoccupato per il proprio equilibrio psichico dal momento che tali episodi si sono presentati nel tempo più volte e in situazioni impreviste, d’un tratto…: “è terribile, mi capitano così, all’improvviso… sento la testa leggera, un senso di sbandamento… in quel momento ho paura di non aver più il controllo di me stesso…”. Tali sensazioni di estraneamento sono da lui percepite così invalidanti che progressivamente ha iniziato ad evitare spazi e contesti in cui teme possa avere degli attacchi. A causa di tale difficoltà, ha dovuto rinunciare a molte soddisfazioni lavorative, limitando la possibilità di una crescita professionale che si stava per lui definendo. Ricostruendo insieme, emerge che se non può evitare tali situazioni, vive un’ansia anticipatoria che non sa gestire.
“Penso che il mio primo attacco di panico sia avvenuto tre anni fa… ero al lavoro, ad un incontro di presentazione di un nuovo progetto; stavo ascoltando gli interventi degli altri colleghi… ricordo che la stanza era piccola, affollata, la sala riunioni solita era occupata; improvvisamente ho cominciato a sentire delle sensazioni che ancora adesso non saprei descrivere bene, ho cominciato ad avvertire un grande disagio, mi mancava il respiro, la testa in confusione, sudorazione, ricordo che il cuore ha iniziato a battere forte… ho pensato che non sarei potuto scappare, i colleghi si sarebbero accorti che c’è qualcosa che non andava…. le mie gambe hanno iniziato a tremare e le mani a sudare… ad un certo punto mi sono alzato e sono corso fuori… è stato terribile”.
Davide riferisce che dopo qualche tempo gli sono accaduti altri episodi in altri contesti: “un giorno mentre ero in fila alla cassa del supermercato ho cominciato ad avere tachicardia e senso di soffocamento, sono entrato in totale confusione…”. Da allora ha cominciato ad evitare negozi, uffici, inventando scuse per non andarci e delegando altre persone avendo paura di rivivere quella terribile sensazione di totale estraneamento e mancanza di controllo di se stesso: “non riesco a controllare le mie emozioni e questa continua lotta con me stesso, con le mie emozioni, mi porta una grande stanchezza, spossatezza”.
Un attacco di panico può manifestarsi a partire da uno stato di agitazione o da una situazione di tranquillità, rendendo l’imprevedibilità una caratteristica molto temuta da chi soffre di questo disturbo.
L’intensa ansia è correlata ad alcuni sintomi fisici che possono essere palpitazioni, percezione di un aumento del battito cardiaco e tachicardia, sudorazione eccessiva, tremori di lieve o forte intensità, mancanza d’aria o sensazione di soffocare, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazione di vertigine, instabilità, percezione di svenimento (di “avere la testa leggera”), confusione mentale, brividi o vampate di calore, sensazioni di formicolio o intorpidimento, sensazione di irrealtà (pensare che ciò che si vede o sente non sia reale) e di essere staccati da sé stessi.
I pensieri ricorrenti che di solito accompagnano l’attacco di panico sono rappresentati dalla paura di perdere il controllo o di impazzire o dalla paura di essere sul punto di morire (APA, 2000).
Affinché il disturbo di panico venga riconosciuto tale, è necessario che l’attacco di panico sia accompagnato, per almeno un mese, da una costante preoccupazione della persona di avere un altro attacco e da significative modifiche del comportamento. La persona che soffre di attacchi di panico può arrivare infatti a limitare la vita quotidiana, evitando situazioni o luoghi percepiti come pericolosi e mettendo in atto strategie, spesso poco utili e controproducenti, per proteggersi da un eventuale attacco.
La terapia cognitivo-comportamentale aiuta la persona a analizzare i suoi processi cognitivi e a modificarli, offrendole strumenti per affrontare diversamente la sintomatologia ansiosa. In particolare, opera analizzando i processi che si verificano durante l’esperienza del paziente: viene riconosciuto che la persona percepisce alcuni stimoli (spazi affollati, luoghi chiusi, mezzi pubblici, ecc.) o sensazioni interne (tachicardia, svenimento, ecc.) come pericolose e reagisce ad essi aumentando la sua ansia. Quando la persona si trova in tale stato ansiogeno, i sintomi sono amplificati e avvertiti ancora più pericolosi (interpretazione catastrofica delle sensazioni), fino a generare un attacco di panico, mantenendo il circolo vizioso (Clark, 1986) nel quale si è trovato sino a questo momento.
Bibliografia
Andrews, G., Creamer, M., Crino, R., Hunt, C., Lampe, L., & Page, A. (2003). The treatment of anxiety disorders. Clinician guides and patient manuals (2nd edition). Cambridge, UK:Cambridge University Press. Trad. it. Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo. Torino: Centro Scientifico Editore, 2003.
APA (2000). Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders (4th TR ed). Author, Washington, DC.
Clark, D. M. (1986). A cognitive approach to panic. Behaviour Research and Therapy 24, 461-470.