Nei disturbi neuropsicologici rientrano:

Il Centro in Relazione si occupa anche del sostegno ai familiari di persone che presentano questi disturbi.

CEREBROLESIONE ACQUISITA

Per “lesione cerebrale” (cerebrolesione) acquisita si intende un danno al cervello insorto in seguito ad un evento traumatico, ad un’emorragia cerebrale, ad un ictus o ad una prolungata mancanza di ossigeno in una persona che in precedenza non aveva alterazioni delle funzioni cerebrali; si definiscono “gravi” le cerebrolesioni in cui vi è una perdita di coscienza (coma) superiore alle 24 ore e che ottengono un punteggio inferiore o uguale a otto punti in uno strumento di misura del coma che si chiama Scala di Coma di Glasgow -GCS- (che viene somministrato al momento del ricovero in rianimazione o in terapia intensiva).
Essa rappresenta una delle principali cause di disabilità,  con un rilevante impatto individuale, familiare e sociosanitario. Dal punto di vista emotivo, la persona si trova a vivere un evento improvviso e non controllabile, che in molti casi la costringe ad essere ospedalizzata, perdendo la propria autonomia e il proprio senso di identità come “essere agente”. Le disabilità conseguenti implicano una riorganizzazione del piano esistenziale, che necessita di una rivalutazione della propria immagine di sé, del proprio ruolo lavorativo e famigliare, dei propri progetti.
Le conseguenze di un evento cerebrale si possono pertanto riflettere sul piano cognitivo e sul piano emotivo. E’ necessario pertanto valutare l’eventuale presenza di alterazioni cognitive, comportamentali o di problematiche emotive per impostare adeguati e specifici trattamenti. Il professionista valuterà i seguenti aspetti:

  • Anosognosia: il processo che sta alla base della presa di coscienza delle difficoltà cognitivo-comportamentali è particolarmente complesso ed eterogeneo e prevede la capacità, nel riconoscimento di tali difficoltà, di comprenderne le implicazioni funzionali nella vita reale e, di conseguenza, di condividere gli obiettivi realistici da raggiungere. Quando il paziente non è consapevole delle proprie difficoltà si dice che è “anosognosico”.
  • Disordini del comportamento: in termini generali, si tratta di anomalie neuro-comportamentali che si possono presentare come “difettuali” (ad. es apatia, abulia, demotivazione, inerzia, passività) oppure “in eccesso” (ad.es impulsività, discontrollo emotivo, aggressività, irritabilità) oppure caratterizzate da alterazioni della personalità (ad. es disordini dissociativi, comportamenti rituali e compulsivi, disordini della sfera emozionale). I disordini neuro-comportamentali possono presentarsi in diverse combinazioni e interferire con la capacità di interagire appropriatamente all’interno del contesto riabilitativo e familiare e, successivamente, all’interno del contesto sociale, scolastico e lavorativo. Infatti la presenza e la persistenza delle problematiche comportamentali, specie se gravi, determinano difficoltà del paziente a collaborare ai programmi riabilitativi e possono ostacolare seriamene la possibilità di un reinserimento sociale e lavorativo.
  • Le funzioni attentive ed esecutive: l’attenzione è il processo cognitivo interno che permette di filtrare e selezionare le informazioni che giungono dall’esterno per essere successivamente elaborate. In fase post-acuta tutte le componenti dell’attenzione possono essere compromesse e tradursi in eccessiva lentezza, precoce affaticabilità, difficoltà di concentrazione e difficoltà ad eseguire più di un compito contemporaneamente, come per esempio parlare mentre si cammina. Le funzioni, denominate “esecutive”  rappresentano un sistema superordinato di operazioni cognitive che permettono all’uomo di pianificare, programmare, avviare, mettere in atto, risolvere, supervisionare l’azione garantendone la corretta sequenza.
  • Le funzioni mnesiche: sono articolate in diverse componenti, relative a diverse tipologie di informazioni (semantiche, episodiche o autobiografiche) che possono essere soggette a diverse modalità di apprendimento (implicito ed esplicito), consolidamento e rievocazione (implicita ed esplicita). La memoria a lungo termine (MLT) può essere suddivisa in due sottocomponenti distinte, la memoria procedurale e la memoria dichiarativa. La memoria procedurale riguarda abiltà motorie e cognitive apprese in modo implicito e la cui rievocazione si manifesta con un comportamento “semi-automatico” (ad esempio sciare o guidare l’auto).

 

TRATTAMENTO

La neuropsicologia riabilitativa ha il compito di soddisfare i bisogni valutativi, diagnostici e terapeutici delle turbe della comunicazione e delle funzioni neuropsicologiche (di tipo diffuso: attenzione, memoria; di tipo localizzato: linguaggio, esplorazione spaziale, prassi, funzioni esecutive, gnosie). Le attività sono finalizzate a consentire il massimo recupero possibile delle funzioni compromesse e a raggiungere il massimo livello di indipendenza e di integrazione sociale, e la migliore qualità di vita e di soddisfazione concessi dalla malattia di base e dalle risorse disponibili.

Tipologia di intervento:
Intervento valutativo: a livello della menomazione, della disabilità e della partecipazione, con protocolli standardizzati per afasia, negligenza spaziale unilaterale, Trauma Cranio Encefalico, disordini delle funzioni esecutive, attentive e mnesiche.
Intervento terapeutico: in supporto al team riabilitativo e alla famiglia nel condizionamento del comportamento del paziente e nel trattamento specifico dei disordini neuropsicologici e comportamentali nelle fasi successive.
Intervento educativo-informativo: del paziente, dei familiari e di tutti coloro che operano nell’ambito della riabilitazione medica e sociale.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si propone di affrontare il fenomeno psicologico della “perdita” che si manifesta in seguito ad una qualsiasi condizione che possa determinare cambiamenti importanti quali limitazioni nelle proprie strutture corporee così come nell’attività e nella partecipazione sociale. Importanti cambiamenti che coinvolgono il senso dell’identità personale dopo cerebrolesioni riguardano il ruolo professionale, il ruolo all’interno della famiglia, le amicizie e la situazione economica.

 

CEREBROLESIONE ACQUISITA E FAMIGLIA

La famiglia rappresenta una risorsa fondamentale durante tutto il percorso riabilitativo, ma è al tempo stesso vittima a fianco del paziente. L’evento cerebrolesivo infatti costituisce un fatto critico e destabilizzante che costringe il sistema familiare, in particolare i genitori e i partner a ristrutturare le proprie dinamiche interne, comportamentali e relazionali, e a riorganizzarsi al fine di favorire i processi di coping e di adattamento.
Il caregiver, ossia la persona che si occupa del paziente (ad esempio il partner), è esposto al rischio di sviluppare il cosiddetto “caregiver burden”, definito come il grado in cui la salute fisica, psichica, la vita sociale e lo stato economico del caregiver entrano in uno stato di sofferenza a causa dell’attività di cura.
Se la persona cerebrolesa è genitore, tra le manifestazioni più frequenti di disagio esperito dai figli, sono stati rilevati disturbi della sfera emotiva e comportamentale. I bambini possono incorrere in stati depressivi, caratterizzati da sentimenti ricorrenti di tristezza o ansia o,  al contrario, possono tradurre il proprio disagio in condotte oppositive e aggressive, connotate da vissuti emotivi di rabbia. Si evidenziano inoltre manifestazioni di disagio in ambito relazionale, quali l’isolamento sociale o l’evitamento e modifiche comportamentali in contesti extra-familiari, che si manifestano attraverso condotte oppositive, ritiro sociale e cambiamenti nel rendimento scolastico.

TRATTAMENTO

Intervento educativo-informativo: con l’obiettivo di informare, educare, addestrare i famigliari nella gestione degli esiti cognitivi e comportamentali della lesione cerebrale.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si propone di offrire un intervento valutativo e di presa in carico ai componenti del nucleo famigliare, proponendosi di affrontare il fenomeno psicologico della “perdita” del proprio caro, la ridefinizione del ruolo nel contesto familiare, l’accettazione della patologia e delle sue conseguenze a livello motorio, cognitivo, comportamentale ed emotivo.

 

DEMENZA

La demenza è una sindrome, ovvero un insieme di sintomi, caratterizzata da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, linguaggio, ragionamento, capacità di pianificazione) tali da compromettere le normali attività di vita quotidiana (lavoro, interessi, attività ordinarie) e le relazioni. Rappresenta una condizione patologica determinata da diverse malattie che danneggiano il cervello e colpisce più frequentemente le persone anziane. Esistono diverse forme che presentano esordio, durata e prognosi differenti.

Si manifestano alterazioni a diversi livelli e si evidenziano:

  • sintomi cognitivi: dimenticanze, disorientamento nel tempo e nello spazio, difficoltà nel denominare gli oggetti e produrre frasi e/o difficoltà nel capire ciò che gli altri dicono, difficoltà nel riconoscere oggetti o persone note, difficoltà ad affrontare problemi nuovi o a risolvere compiti, difficoltà ad esprimere un concetto complesso, difficoltà a rimanere concentrati su un’attività per un certo periodo di tempo;
  • sintomi funzionali: difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane semplici (lavarsi, vestirsi, mangiare autonomamente) e più complesse (gestione della casa, uso di elettrodomestici, uso del denaro, guida dell’automobile, assunzione di medicine, utilizzo di mezzi di trasporto);
  • sintomi emotivi: depressione, ansia, apatia, riduzione di interesse verso le attività quotidiane, trascuratezza nella cura di sé e della casa, cambiamenti rapidi dell’umore, dalla tristezza ad uno stato di euforia, e viceversa, senza apparenti motivi;
  • sintomi comportamentali: aggressività, fisica e verbale, irritabilità, comportamenti ripetitivi, riduzione o aumento dell’appetito, disinibizione, allucinazioni e deliri.

Una prima classificazione distingue le demenze in demenze reversibili e demenze irreversibili. Le forme reversibili, che rappresentano una minima percentuale di tutte le demenze, sono disturbi secondari a carico di altri organi o apparati, curati i quali portano ad una regressione del quadro di deterioramento. La maggior parte delle demenze è di tipo irreversibile, suddivisibili in demenze primarie e demenze secondarie. Le forme primarie sono di tipo degenerativo e includono la demenza di Alzheimer, la demenza fronto-temporale e la demenza a corpi di Lewy. Tra le forme secondarie, la più diffusa è la demenza vascolare.

TRATTAMENTO

La riabilitazione neuropsicologica è un intervento volto al recupero delle funzioni cognitive compromesse e anche all’incremento dell’efficienza del paziente nella vita quotidiana. Relativamente alla demenza, l’obiettivo non è il ripristino delle funzioni cognitive, quanto il rallentamento della loro evoluzione, in un’ottica di benessere generale che possa migliorare la qualità di vita del malato e alleviare il carico gestionale del caregiver.

Tipologia di intervento
Intervento valutativo: in termini di funzioni cognitive, stato dell’umore, autonomia e disturbi comportamentali, attraverso colloquio, osservazione clinica, test neuropsicologici e colloqui con i caregiver (familiari, badanti, assistenti, operatori socio-sanitari).
Intervento terapeutico: vengono messi a punto trattamenti di stimolazione cognitiva, individuali o di gruppo, volti al mantenimento delle funzioni residue e al rallentamento del processo di deterioramento in corso.
Intervento educativo-informativo: dei familiari e, talvolta, dei pazienti stessi, rispetto ai sintomi e al migliore approccio e/o gestione possibile degli stessi.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale, rivolta ai familiari delle persone affette da demenza, a livello individuale o in contesti di gruppo, si propone di affrontare il fenomeno psicologico della “perdita” del proprio caro, la ridefinizione del ruolo nel contesto familiare, l’accettazione della patologia e del suo decorso per natura ingravescente.